Ebbene sì, il Giappone ha una strega che non vola su scope né tantomeno prepara pozioni, ma che bussa alle porte nel cuore dell’inverno chiedendo amazake! L’Amazake Babā (甘酒婆), letteralmente “la vecchia dell’amazake” (l’amazake è una bevanda tradizionale giapponese a base di riso fermentato e dolcificato naturalmente), è una figura leggendaria del folklore giapponese diffusa soprattutto nelle regioni di Miyagi, Aomori e Yamanashi.
Si racconta che nelle notti più fredde, questa donna anziana dalla schiena curva e il volto rugoso appaia di fronte alle case, mormorando con voce gracchiante: «Amazake wa nai ka?» (“Avete dell’amazake?”). Secondo l’Archivio delle leggende di spiriti e apparizioni giapponesidel National Institute for Japanese Studies, chiunque osi rispondere (ma effettivamente anche non rispondere!) rischia di ammalarsi. Per proteggersi, la tradizione vuole che si appenda un ramo di cedro (sugi) sulla porta: un semplice gesto per tenere lontana la sventura.
In alcune zone, invece, l’Amazake Babā non chiede soltanto da bere, ma vende essa stessa l’amazake o il sakè di casa in casa. Chi non desidera essere disturbato o cadere vittime della malattia, deve appendere fuori dalla porta di casa un cartello con scritto: “Non bevo amazake né sakè” oppure “Non ci piace il sakè né l’amazake”. Un modo elegante per dirle di passare oltre e tornare un’altra volta o magari mai più!.
Curiosamente, presso il tempio Nichirin-ji nel quartiere Bunkyō di Tokyo, la Babā è venerata come protrettrice dei bambini. Vi spiego meglio; dopo che il vaiolo, malattia a cui era associata, fu debellato, l’Amazake Babā smise di essere vista come portatrice di epidemie e venne declassata a semplice spirito del raffreddore. Proprio per questo ancora oggi, i genitori fanno offerte di amazake al tempio, sotto le statue dello spirito, per tenere lontani tosse e malanni di stagione, mantenendo viva una tradizione che unisce devozione popolare e folklore.
Gli studiosi di folklore, come Yanagita Kunio, hanno collegato queste storie ai riti popolari invernali, quando le malattie ed il grande freddo erano spiegati attraverso presenze soprannaturali. L’Amazake Babā incarnerebbe così la paura del contagio, ma anche il bisogno di protezione e calore umano che accompagnano le notti più gelide dell’anno.
Oggi, quindi, la vecchia dell’amazake sopravvive nei festival locali e nei racconti per bambini, più come una bizzarra nonnina che come un presagio di sventura. Ma la prossima volta che sentirete bussare in una notte di neve, io vi consiglio di tenere pronta una tazza calda, per rispetto o per prudenza e se proprio volete strafare un bel “No, non compriamo né sakè né amazake” lo appenderei accanto al “Merry Christmas”.





